'Se non facessi quel che considero essere la cosa giusta, ovvero esprimere quel che ho in mente, so che non riuscirò a prendere sonno quando sarò anziano e che non potrò parlarne ai miei figli', aveva spiegato Jason Isbell a Rolling Stone qualche anno fa parlando delle sue motivazioni artistiche. E' una filosofia di vita e un metodo di lavoro che si adatta perfettamente a 'Reunions', settimo album a suo nome dopo l'abbandono dei Drive-By Truckers e il quarto alla guida dei 400 Unit alias Sadler Vaden dei Drivin' N Cryin' (chitarra e voce), Jimbo Hart (basso e voce), l'ex Son Volt Derry DeBorja (tastiere, fisarmonica e voce),
Chad Gamble (batteria e voce) e la moglie Amanda Shires (violino e voce). A partire dallo squillante indie rock in chiave lo-fi di 'Be Afraid', è un disco che suona come un grido di battaglia in tempi difficili e problematici in cui agli artisti è richiesto di prendere posizione e parlare chiaro, e in cui il marchio inconfondibile della produzione di Dave Cobb (ormai a tutti gli effetti un membro aggiunto della band) amplifica l'impatto emotivo di canzoni che, come osserva Scott Stroud della Associated Press, stanno al centro di un vortice in cui si combinano folk, country e rock e in cui emergono le influenze di capiscuola come John Prine (che di Isbell è stato uno dei primi mentori oltre che modello di ispirazione). 'Maestro nel creare sorprese con i suoi testi', scrive Stroud, 'Isbell dipinge panorami estivi della sua infanzia ('Dreamsicle'), ricorda luoghi segreti di incontro e cattura un senso di rapimento ricordando dolori e ferite del cuore'. Un brano dolente e maestoso come 'Overseas' (il cui riff chitarristico 'avrebbe riempito d'orgoglio Tom Petty'), la comunicativa immediata di 'What’ve I Done To Help?' con un basso melodico e pulsante e un arioso arrangiamento d'archi, lo splendido lirismo di 'River' (con il violino della Shires in primo piano) e i contributi preziosi di David Crosby e di Jay Buchanan, cantante dei Rival Sons, legano con un filo robusto un mazzo di canzoni che crescono di ascolto in ascolto. 'Ci sono tanti fantasmi in questo disco', spiega Isbell. 'A volte le canzoni parlano di spettri di persone che non sono più qui attorno a noi, ma altre volte parlano di quel che ero io una volta: dello spettro di me stesso. Mi sono ritrovato a comporre le canzoni che avrei voluto scrivere 15 anni fa, quando non ne avevo accumulate abbastanza per sapere come fare. Solo ora sono stato in grado di tirarle fuori da me stesso in modo soddisfacente. In questo senso l'album rappresenta una reunion con il mio io di allora'