Attiva discograficamente dal 1996 e con una decina di album alle spalle, la cantautrice newyorkese (ma cresciuta a Boulder, Colorado, e oggi cittadina di Nashville) Gretchen Peters dedica il suo nuovo album a Mickey Newbury, progenitore del movimento outlaw country e primo 'cowboy hippie' le cui canzoni sono state interpretate da miriadi di artisti. Per 'The Night You Wrote The Songs' la Peters, fan di lunga data, ne ha selezionate dodici, incidendo le sue versioni negli stessi studi di registrazione, gli storici Cinderella Studios di Nashville, in cui il cantautore scomparso nel 2002 a 62 anni registrò i suoi leggendari album di fine anni Sessanta/primi Settanta ('Looks Like Rain', 'Frisco Mabel Joy' e 'Heaven Help The Child'). Il fondatore dello studio e grande chitarrista Wayne Moss (Roy Orbison, Bob Dylan, Linda Ronstadt), altri maghi della sei corde come Buddy Miller e Will Kimbrough, lo specialista di pedal steel Dan Dugmore, Eamon McLoughlin (viola, violino e violoncello), il bassista e contrabbassista Dave Roe, il grande armonicista Charlie McCoy (Bob Dylan, Johnny Cash, Elvis Presley), i batteristi Neilson Hubbard e Bryan Owings, il tastierista (nonché marito di Gretchen) Barry Walsh e alcuni altri ospiti ai cori l'hanno aiutata a fissare su nastro asciutte e commoventi reinterpretazioni di canzoni capaci di coniugare uno stile tradizionale a una freschezza assente da gran parte della scena country contemporanea, scelte badando non alla loro popolarità ma in base al gusto personale dell'interprete: una emozionante rilettura della soffice ballata che intitola il disco (e in cui Walsh suona la fisarmonica), una versione rallentata e magnetica del classico 'hyppy metafisico' 'Just Dropped In (To See What Condition My Condition Was In)' (un hit radiofonico per Kenny Rogers e i First Edition), una dinamica rilettura della scoppiettante 'Why You Been Gone So Long' (uno dei pochi uptempo nel catalogo di Mick, con le voci di Walsh, Moss, Kimbrough, Kim Richey, Dee Moeller e Robert Lucas), una tenera 'Saint Cecelia', , una tersa 'Frisco Depot', una intrigante 'San Francisco Mabel Joy' (con uno splendido intreccio tra armonica e pedal steel) e una ariosa 'Leavin’ Kentucky' (con la chitarra di Kimbrough a briglia sciolta) mostrano la sintonia profonda con questo repertorio di un'interprete capace di far sue la triste poesia dell'iniziale 'Sailor', la desolazione spettrale di 'Wish I Was', la bellezza struggente di 'She Even Woke Me Up to Say Goodbye' (un grande successo per Ronnie Milsap e Jerry Lee Lewis) e la malinconia di una pianistica e orchestrale 'Three Bells For Stephen', gioielli di un progetto covato per tanti anni e ora amorevolmente portato a termine