STRAITJACKET

'Questo album', spiega lo stesso Jeremiah Johnson, 'contiene rock'n'blues originale americano con una bella dose di frittura soul sudista': si tratta, probabilmente, del disco migliore del cantautore e musicista di St.Louis, Missouri, sulla scena da una ventina d'anni e mai appparso cosi' autentico, spontaneo, convinto dei suoi mezzi. Da quando ha lasciato Houston per tornare nella sua citta' natale (lo racconta nell'autobiografica '9th & Russell') ha trovato la sua misura e la sua identita', e in 'Straitjacket' la musica sgorga spontanea e fluisce senza soluzione di continuita': ben diretto in studio da Mike Zito e affiancato da una band che comprende Frank Bauer (sax e voce), Benet Schaeffer (batteria) e Tom Maloney (basso), Jeremiah (che porta il nome e cognome del personaggio interpretato da Robert Redford nell'omonimo, classico western anni Settanta tradotto in italiano come 'Corvo Rosso non avrai il mio scalpo') rimbalza giocosamente dal funk blues della title track al groove di 'Dirty Mind', diventando piu' pensoso in 'Keep On Sailing' e nelle politiche 'Believe In America' e 'Old School' (che ha per tema l'uso indiscriminato delle armi nel suo Paese), prima di chiudere con l'entusiasmante cavalcata di 'Rock'N'Roll Music To The World' ripresa dal repertorio di Alvin Lee con i Ten Years After. E' un disco, questo, che profuma di Mississippi e che mette in evidenza, senza pudori, le cicatrici e gli umori altalenanti di un artista sincero e desideroso di comunicare. 'Voglio che la gente lo lasci suonare dalla prima all'ultima nota, alzando il volume al massimo a una festa o correndo di notte a cavallo di una Harley-Davidson. Voglio che chi lo ascolta si senta come se stesse per intraprendere un viaggio pieno di emozione'