JOHNSON JEREMIAHHeavens To BetsySeguito dell'acclamato 'Straitjacket' del 2018, 'Heavens To Betsy' rappresenta un altro deciso passo avanti per Jeremiah Johnson, quarantottenne bluesman e bandleader di St. Louis che da sempre miscela le dodici battute con altri classici generi americani come il country e il Southern rock. C'e' voluto del tempo, ha raccontato, per fissare su nastro nel modo corretto le canzoni con il produttore Pete Matthews, che lo ha spinto e incoraggiato a ricercare per ogni pezzo le performance e gli arrangiamenti migliori (in tutto l'album assume un ruolo di primo piano una energica e scattante sezione fiati). La voce profonda di Jeremiah, che Steven Ovadia su Blues Rock Review definisce 'ricca e nebbiosa', la sua chitarra e la qualità della sua scrittura (anche dal punto di vista testuale) sono gli altri ingredienti doc di una ricetta apparentemente semplice ma efficacissima e ben dosata: il sax e il wah wah di 'White Lightning' (scritta dalla prospettiva di un agricoltore del Sud degli Stati Uniti in difficoltà), l'hard blues di 'Castles In The Air', il rock muscolare di 'American Steel', le toccanti 'Long Way Home' e 'Forever And A Day' (che parlano rispettivamente di demenza senile e della durezza della vita on the road), il pop blues di 'Ecstasy' (in cui Johnson si rivela credibile anche come crooner), la rilassata 'Leo Stone' (che sempre secondo Ovadia è un riuscito mash-up tra la Band e Van Morrison), le tinte gospel e rock and roll anni Cinquanta di 'Preacher’s Daughter' e una rilettura in chiave funky e danzabile della 'Born Under A Bad Sign' di Albert King (e dei Cream) dimostrano volontà di spaziare e di sperimentare tenendo fede all'obiettivo che Jeremiah aveva in mente: 'realizzare un disco da ascoltare a tutto volume con gli amici per celebrare la vita, da mettere sul giradischi per avere una botta di energia' track list
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