CAUTHEN PAULROOM 41Genere: Country Etichetta: LIGHTIN Anno: 2019 Supporto: CD
Gia' alla guida della band roots rock Sons Of Fathers, Paul Cauthen aveva conquistato la critica con 'My Gospel', primo album solista datato 2016 (tanto da spingere la rivista Texas Monthly a definirlo 'una sorta di Highwaymen concentrati in un solo individuo', grazie a un sapiente fraseggio musicale che ricorda quello di Willie Nelson, a un timbro tremolo come quello di Merle Haggard, a una voce baritonale come quella di Waylon Jennings e a un talento nel raccontare storie simile a quello di Kris Kristofferson). Scritto nell'arco di circa due anni nei periodi da lui trascorsi al Belmont Hotel di Dallas tra un tour e l'altro, 'Room 41' documenta una fase molto travagliata nella vita del cantautore texano che, rimasto senza casa e intenzionato a lenire in qualche modo le sue sofferenze sentimentali, ha dato fondo alle sue tendenze autodistruttive entrando e uscendo dall'ospedale per curare la sua dipendenza dall'alcol e dalle droghe: 'Bevevo tutta la notte come una spugna e restavo sveglio a scrivere o registrare dalle quattro del mattino fino a mezzogiorno', ha raccontato lui stesso a proposito del periodo trascorso in quella stanza n.41 che avrebbe potuto ucciderlo e che invece ha visto nascere un altro piccolo capolavoro in cui il country vecchio stile si mescola al soul piu' grintoso e il funk degli anni Settanta convive con il gospel, mentre i testi 'assumono proporzioni bibliche trattando di lussuria e di invidia, di orgoglio e di disperazione, di distruzione e redenzione'. Aiutato (anche, letteralmente, a sopravvivere) da un team di autori, produttori e musicisti che include nomi importanti della scena texana contemporanea come Miles City Sound (Leon Bridges, Nicole Atkins) e Matt Pence (Jason Isbell, Nikki Lane) oltre a Beau Bedford e Jason Burt, da tempo suoi partner nello studio Modern Electric di Dallas, Cauthen ha messo in fila canzoni stupende e originali che mischiano avventurosamente antico e moderno: come 'Holy Ghost Fire' (la cui introduzione, osserva il redattore della sua biografia, 'suona piu' simile ai Gnarls Barkley che a Merle Haggard'), la ultra funky 'Cocaine Country Dancing' (che flirta con lo stile di Prince), l'ariosa 'Prayed For Rain', la dolente 'Slow Down', la penetrante 'Freak' (un r&b che rievoca un periodo che Cauthen ha trascorso in prigione), l'esplicitamente autobiografica 'Big Velvet' (il soprannome che gli deriva dal tono vellutato della sua voce da crooner), la trascinante 'Give 'Em Peace' e la meravigliosa 'Can't Be Alone' che rievoca lo spirito di Roy Orbison. Tranche de vie, storie sanguinanti di vita vissuta ('sono sempre stato il genere di artista che non puo' scrivere qualcosa se non lo sente veramente. Questo disco parla di me stesso: io sono queste canzoni'), ma dalla portata e dal significato universale track list
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