Alzi la mano chi si aspettava un nuovo disco degli X - in formazione originale per la prima volta dal 1985: Exene Cervenka (voce), John Doe (basso e voce), Billy Zoom (chitarra) e DJ Bonebrake (batteria) - e per di più di questa qualità. E' vero, dura appena ventisette minuti, poco più di un EP: ma è un album fresco, pulsante, vitale ed energico che riporta ai tempi gloriosi della band che segnò la stagione eccitante del punk californiano dei primi anni Ottanta come poche altre. A quarant'anni di distanza dall'epico debutto 'Los Angeles', il quartetto californiano entra dritto nell'occhio del ciclone, con il suo irresistibile e per nulla invecchiato punk and roll: 'Queste canzoni sono state scritte nell'arco degli ultimi diciotto mesi e mi sconvolge pensare quanto siano attuali', ha spiegato Doe. Impossibile non concordare con lui. La travolgente e ipercinetica 'Delta 88 Nightmare' ('come un LP di Eddie Cochran suonato per sbaglio a 45 giri di velocità', scrive Pitchfork) è il punto fisico di collegamento con il passato (il suo antico provino risale proprio ai tempi di 'Los Angeles' e venne incluso nella ristampa in CD del 2001), così come quella 'Cyrano de Berger’s Back' - un altro demo del periodo - che gli X registrarono nel 1987 senza Zoom per l'album 'See How We Are e che qui viene riproposta in chiave funk, ma è tutto il disco a riportare in vita un sound rimasto inimitabile: le voci di John e Doe che si inseguono e cantano all'unisono, come fossero quelle di due poeti beatnik o i Jefferson Airplane scaraventati fuori dalla Summer Of Love e da San Francisco e catapultati sotto il grande sole nero e malato della città degli angeli; gli implacabili riff rockabilly e gli assoli brevi e brucianti dell'ineffabile Billy, rocker anni '50 ma con addosso l'argento vivo della punk generation; le percussioni arrembanti di Bonebrake, encomiabile mix di potenza e agilità. Il produttore Rob Schnapf (Elliott Smith, Saves The Day) focalizza il sound senza aggiungere inutili orpelli al muro del suono e alla potenza melodica di 'Alphabetland', al dinamismo di 'Free', al midtempo di 'Strange Life' e al turbo punk di 'Star Chambered', 'Angel On The Road' e 'Goodbye Year, Goodbye', tappe di una sequenza mozzafiato che lascia spazio nel finale all'unico momento di quiete, 'All The Time In The World', un'elegia jazzata e pianistica da ore piccole in cui la voce narrante di Exene lamenta la scomparsa di tanti giovani punk morti per 'aghi infetti e metallo lanciato ad alta velocità' (un'allusione all'uccisione della sorella da parte di un autista ubriaco) concludendo con saggia e serena malinconia che 'è stato bello finché è durato'