Accolto da recensioni entusiastiche che inneggiano al capolavoro e lo collocano già tra i dischi imperdibili del 2020 (persino l'ipercritico e snob Pitchfork gli ha affibbiato una votazione di 10/10), il quinto album di Fiona Apple è un disco estremamente personale, coraggioso, innovativo e sperimentale, registrato tra il 2015 e i primi mesi di quest'anno principalmente nell'home studio che l'artista possiede a Venice Beach utilizzando il software GarageBand: dopo otto anni di silenzio, con 'Fetch The Bolt Cutters' la quarantaduenne cantante e pianista newyorkese sposta in avanti i confini della canzone d'autore assemblando un assortimento di anticonvenzionali suoni percussivi (lei stessa ha parlato di una 'orchestra di percussioni' e ha confessato di avere utilizzato anche le ossa del suo amato e defunto pit bull terrier), di strumenti più convenzionali e di voci talvolta sovraincise con risultati sorprendenti e affascinanti. Saltando dal piano al mellotron, dal Wurlitzer al sintetizzatore Casio, da batterie elettroniche a oggetti di uso comune percossi ritmicamente e facendosi affiancare da Sebastian Steinberg (basso, batteria, percussioni, autoharp elettrico, chitarra slide e dodici corde, voce), Amy Aileen Wood (batteria, percussioni e loop) e Davíd Garza (vibrafono, percussioni, chitarra elettica, mellotron, piano, piano elettrico e voce), Fiona si avventura in una serie di brani spesso nati da lunghe improvvisazioni in studio in cui ritmi di stampo industriale audaci quanto quelli di Captain Beefheart e di Tom Waits si contrappongono a melodie di impianto tradizionale e in cui, all'insegna della più totale libertà di espressione, il formato consueto della canzone pop viene sovvertito e scompaginato. La libertà dall'oppressione simboleggiata dal tronchetto cui fa riferimento il titolo, la natura turbolenta delle relazioni umane e le tematiche attuali del movimento Metoo sono temi ricorrenti e spesso autobiografici di una raccolta che si muove tra una stupefacente title track in cui a imprimere il ritmo sono utensili da cucina, l'abbaiare di un cane e il miagolio di un gatto, le variazioni di tempo e la tensione latente di 'Under The Table', il coro di voci femminili di 'For Her', il passo marziale e vivace di 'Relay', il pianoforte 'da cartone animato' di 'Shameika' e una 'Ladies' in cui Fiona canta 'masticando la sua stessa voce come tabacco' prima di farle spiccare il volo. Tra sussurri e grida, carezze e rantoli, il rauco timbro da contralto di Fiona e gli inediti arrangiamenti delle sue composizioni disegnano un quadro surreale e sognante, una fotografia nervosa e viscerale, meravigliosamente imperfetta e toccante di una artista per sua natura irrequieta e sempre più lontana dagli schemi e dall'ortodossia. 'Fetch The Bolt Cutters' è un'opera che non assomiglia a nulla si sia mai ascoltato fino ad oggi, 'una sinfonia selvaggia sulla quotidianità' (Pitchfork), un disco pop in cui - come scrive Stephen Thomas Erlewine di Allmusic - non si sa mai cosa stia per succedere e che 'sforna a ritmo rapido e sostenuto sorprese che deliziano e feriscono', specchio imprevedibile di una personalità complessa e profondamente umana