Esce finalmente su doppio supporto fisico, dopo le anticipazioni in formato digitale, il disco più chiacchierato, discusso e recensito dell'anno: in 'Ghosteen' Nick Cave, sempre affiancato dai Bad Seeds, completa una sorta di trilogia iniziata con 'Push the Sky Away' (2013) e continuata con 'Skeleton Tree' (2016), continuando a elaborare il lutto per la perdita del figlio, asciugando ulteriormente le sonorità rispetto al suo già scarno predecessore e componendo un'elegia dolorosa, straziante ma anche terapeutica all'ascolto fatta, come sottolinea il sito Rockol, di ballate minimali e pensose suonate quasi senza sostegno ritmico. Registrato tra il 2018 e l'inizio di quest'anno al Woodshed di Malibu, al Nightbird di Los Angeles, al Retreat di Brighton e al Candybomber di Berlino, suonato da Cave (voce, pianoforte, sintetizzatore, cori) con Warren Ellis (sintetizzatore, loop, flauto, violino, piano e cori), Thomas Wydler (batteria), Martyn Casey (basso), Jim Sclavunos (vibrafono e percussioni) e George Vjestica (chitarra) e diviso in due parti ('le canzoni sul primo album sono i figli, quelle del secondo sono i genitori. 'Ghosteen' è lo spirito migrante', ha spiegato il musicista australiano) non è un disco facile e da affrontare a cuor leggero, ma i ripetuti ascolti ne rivelano via via la grandezza. Le canzoni trattano di perdita, morte, dolore e di temi esistenzialisti ma anche di empatia, fede e ottimismo e sono il frutto evidente e maturo di un tormentato percorso di ricerca spirituale: più ancora che in 'Skeleton Tree', Cave e i Bad Seeds fanno uso di sintetizzatori analogici che si intecciano con pianoforte, ance, archi, campanelle gamelan e note di bordone richiamando a tratti le atmosfere della ambient e dell'elettronica più rarefatta mentre in diversi brani il canto di Nick rinuncia al suo inconfondibile baritono per lanciarsi in un tremulo falsetto. Coerente e organico, questo è un album destinato a durare, capace di toccare il cuore con splendide ballate come 'Bright Horses', avvolgere i sensi con favole come 'Spinning Song' e insegnare lezioni importanti negli oltre quattordici minuti conclusivi di 'Hollywood'che rielaborano una tradizionale parabola buddhista