Definito dallo stesso autore come 'un ponte tra 'Harvest' e 'Comes A Time'', 'Homegrown' è l'album 'perduto' che nel 1975 avebbe dovuto riportare Neil Young verso il country rock e la cima delle classifiche. Come noto, le cose andarono diversamente (Neil non se la sentì di darlo alle stampe, ritenendolo troppo personale, esplicito e imbarazzante nel documentare la fine della sua relazione con l'attrice Carrie Snodgress) e quel disco è rimasto sepolto negli archivi fino ad oggi, anche se - come spesso accade con il canadese - una parte dei suoi brani sono affiorati in dischi successivi seppure in forma diversa. Mettiamo ordine: dei dodici titoli che contiene sette sono ufficialmente inediti (e tre mai ascoltati prima d'ora, neppure nei bootleg dal vivo), mentre cinque sono apparsi in seguito su 'Decade' (''Love Is A Rose'), 'American Stars 'n Bars' ('Star Of Bethlehem' e 'Homegrown') 'Hawks And Doves' ('Little Wing') e 'Ragged Glory' ('White Line'). Insieme, compongono organicamente una raccolta che - come osserva Sylvie Simmons su Mojo - alle melodie semplici e accattivanti di 'Harvest' aggiunge talvolta le coloriture inquiete e tenebrose del 'Tonight's The Night' di due anni precedente (ne è un esempio l'iniziale 'Separate Ways'): pur distanziate tra loro in scaletta, la malinconica 'Mexico', una spoglia 'Kansas' per sola voce e chitarra e il frastornato monologo parlato di 'Florida' sembrano comporre una trilogia, un diario di viaggio forse ispirato dall'album 'Holland' dei Beach Boys, mentre il piano e la pedal steel della struggente 'Try' riportano al Neil del 1972, 'We Don't Smoke It' è un blues strascicato e l'altro inedito 'Vacancy' un rock a tutto tondo. Per quanto rallentata 'Love Is A Rose', osserva ancora la Simmons, ricorda la versione che ne fecero i Crazy Horse nel loro primo album intitolandola 'Dance, Dance, Dance', 'White Line' e 'Litle Wing' rievocano direttamente - nel loro dialogo tra armonica e chitarra acustica - le atmosfere di 'Harvest' e 'Star of Bethlehem' è arricchita dalla voce di Emmylou Harris, che con Levon Helm (alla batteria in alcuni brani), Robbie Robertson, Karl T Himmel e il pianista Stan Szelest spicca tra gli ospiti di una sequenza di canzoni registrata tra il giugno del '74 e il gennaio del '75 in parte dal solo Neil (voce, chitarra, pianoforte e armonica) e in parte con il contributo di fedeli collaboratori come Ben Keith (steel e slide) e Tim Drummond (basso). La lunghissima attesa è finita, e i risultati non deludono: è lo stesso Young a riconoscere, finalmente, che ''Homegrown' - registrato in analogico e masterizzato a partire dai nastri originali - è un album molto bello che avrei dovuto condividere, anche se a volte la vita ti ferisce'