Tre CD, 56 brani e un libretto di 40 pagine zeppo di rare foto e di note informative custoditi in un pratico cofanetto formato 'clamshell'a cura della Grapefruit raccontano in 'Crawling Up A Hill' la breve ma intensa storia del British blues boom che tra il 1966 e il 1971 cambiò per sempre la fisionomia della musica d'Oltremanica influenzando in maniera profonda gli sviluppi successivi della scena rock. La storia non può che iniziare con i Bluesbreakers di John Mayall e la chitarra di Eric Clapton, transfuga dagli Yardbirds diventati a suo giudizio troppo pop (e qui comunque presenti con l'altro asso della sei corde Jeff Beck, accanto ad altri pionieri del genere come Alexis Korner affiancato da un giovanissimo Robert Plant, lo Spencer Davis Group di Steve Winwood, la Graham Bond Organization e i Fleetwood Mac di Peter Green), protagonisti di un album prodotto da Mike Vernon che nel luglio del 1966 raggiunse inaspettatamente la vetta delle classifiche di vendita inglesi rimanendo nelle charts per ben 17 settimane: fu quella la miccia che innescò l'esplosione sulla scena di grandi chitarristi come Kim Simmonds, Jeremy Spencer, Stan Webb, Paul Kossoff, Alvin Lee, Clem Clempson, Rory Gallagher, Gary Moore e Mick Ronson, la 'seconda ondata'del movimento qui rappresentata da nomi storici del blues elettrico britannico come Free, Taste, Ten Years After, Chicken Shack e Savoy Brown come del country blues acustico (Jo-Ann Kelly. Mike Cooper, Ian A. Anderson e altri). Tuttavia, e per fortuna, il box non si accontenta di compilare incisioni di nomi a tutti conosciuti riportando alla luce anche registrazioni inedite di band semisconosciute come Levee Camp Moan (titolari di due degli album d'epoca più ricercati dai collezionisti), Quiet Melon (progenitori dei Faces) e The Zany Woodruff Operation, così come incisioni d'epoca di nomi di culto e non votati rigorosamente al blues (tra questi Duster Bennett, Deviants, Bonzo Dog Dooh Dah Band, Climax Chicago Blues Band, Bakerloo, Medicine Head, Steamhammer, Stone The Crows, Linda Hoyle degli Affinity e persino Status Quo e Mungo Jerry). Un viaggio per forza di cose sintetico ma affascinante, oltre che una esperienza di ascolto entusiasmante, ricca di musica straordinaria ma anche di qualche bella sorpresa