Quattro ore di musica vibrante ed elettrica (con alcuni brani inediti in scaletta) e un libretto di 48 pagine pieno zeppo di foto, memorabilia e aneddoti fanno di 'Surrender To The Rhythm' il documento sonoro definitivo e imperdibile sul pub rock londinese che negli anni Settanta diede una salutare scossa alla scena musicale britannica. Articolata in 3 CD custoditi in confezione digipack, l'antologia ripercorre nell'arco di 71 brani l'intera epopea inconsapevolmente innescata nella primavera del '71 dagli Eggs Over Easy, americani temporaneamente 'esiliati' nella capitale inglese per registrare un album con l'ex Animals (nonché produttore di Jimi Hendrix e Slade) Chas Chandler e poco dopo diventati 'house band' di un pub, il Tally Ho, sito nel quartiere di Kentish Town. Il loro esempio fece da catalizzatore per una nuova ondata di musica ritmata e chitarristica che, in reazione al glam e al progressive, privilegiava un approccio ruvido, spiccio ed essenziale tornando alle radici del rock and roll e del rhythm&blues e che ebbe in gruppi come Brinsley Schwarz, Ducks Deluxe e Bees Make Honey, protagonisti di serate incandescenti in pub londinesi come il Kensington, il Lord Nelson e il Nashville, i pionieri del genere. Dr. Feelgood, Ace, Kilburn & The High Roads, Chilli Willi & The Red Hot Peppers, Dave Edmunds, Billy Bremner, Eddie & The Hot Rods, gli 101'ers di Joe Strummer, Graham Parker e il primo Elvis Costello sono altri nomi storici presenti nel programma, accanto ad altri epigoni che nella seconda metà degli anni Settanta furono capaci di trovare uno stile proprio e autonomo come i Jam di Paul Weller e gli Squeeze di Chris Difford e Glenn Tillbrook e a gruppi noti solo agli specialisti del genere come i National Flag (di casa al celeberrimo Marquee, dove si esibirono ben 24 volte in 15 mesi), i Bearded Lady e i Brewers Droop con un giovane chitarrista di nome Mark Knopfler. A chiudere il cerchio band popolarissime come gli Status Quo, i Mott The Hoople, la Sensational Alex Harvey Band e i Thin Lizzy che, pur essendo troppo famose per suonare in piccoli locali e non appartenendo in senso stretto al movimento, ne condividevano l'approccio ruspante, diretto e vecchia maniera. A riprova del fatto che, come sottolinea la casa discografica Cherry Red, dopo tutto il pub rock è soprattutto uno stato mentale, al di là dello spazio fisico in cui veniva e viene suonato