In pieno trip psichedelico, come appare evidente fin dalla copertina di questo nuovo album, i Dream Syndicate stanno vivendo una fase di sorprendente e avventurosa creatività da quando sono approdati tre anni fa alla etichetta Anti-, e con 'The Universe Inside' alzano ancora la posta, scombinando ogni lecita aspettativa. Alzi la mano, infatti, chi si sarebbe aspettato da Steve Wynn e compagni un brano come quello che apre il disco, 'The Regulator': venti minuti di ipnotico, caleidoscopico viaggio sonoro e di esperienza auditiva immersiva in cui insistenti ritmi elettronici e analogici, voci narranti e sognanti, un sitar elettrico (suonato da Stephen McCarthy dei Long Ryders), un basso funky e profondo, chitarre dolcemente acide, distorsioni e il sassofono jazz di Marcus Tenney (componente dell'ensemble strumentale Butcher Brown) si intrecciano e si inseguono dando forma a un magma onirico e inebriante che 'ricorda il Miles Davis degli anni '70 e la sua caotica brillantezza'. 'Quel pezzo rappresenta un microcosmo dell'intero disco', spiega Wynn (voce e chitarra), sempre affiancato dal batterista Dennis Duck, dal bassista Mark Walton, dal tastierista Chris Cacavas e dal chitarrista solista Jason Victor. 'Quando abbiamo iniziato a suonarlo era semplicemente una massa sonora informe e da puro trip mentale. Abbiamo usato una drum machine dei primi anni '70, una Maestro Rhythm King: lo stesso modello usato in 'There's A Riot Goin' On', con Dennis a tenere il passo. Stephen ha imbracciato un sitar elettrico perché è la prima cosa che ha trovato in studio mentre Jason e io schiacciavamo pedali come scimmie in un laboratorio e Mark era il parafulmine che teneva tutti questi elementi uniti in un groove solido e tosto; io ho poi provveduto ad assemblare casualmente frasi di testo scollegate tra di loro che avevo conservato sul telefonino. In tutto il disco si sente quella stessa eccitazione da prima take, il tentativo di cogliere l'attimo prima che sia troppo tardi'.La profonda conoscenza che Duck ha dell'avanguardia europea, la passione di Victor per il prog anni '70, l'esperienza di Walton nel rock sudista, l'amore di Cacavas per la manipolazione del suono e quello di Wynn per il jazz elettrico convergono in un'opera che celebra l'arte della pura improvvisazione: in una sola session i cinque musicisti hanno registrato 80 minuti di flusso musicale continuo e articolato in una sequenza di cangianti 'soundscapes', panorami sonori che alterano lo stato mentale con le loro avvolgenti atmosfere. 'Quel che abbiamo aggiunto è solo aria', spiega ancora Steve. 'Vale a dire che, a parte le voci, i fiati e qualche percussione tutto è stato suonato dal vivo sul momento'. Ne è risultato un disco davvero avventuroso e senza compromessi, per la prima volta un vero e proprio lavoro creativo di gruppo in cui il benefico shock provocato da 'The Regulator' prosegue tra la psichedelia espansa di 'The Longing', una 'Dusting Off The Rust' in cui - come scrive Pat Thomas sul blog Number 9 - il percussionista Johnny Hott (ex House Of Freaks) aggiunge un tocco latino a un brano che coniuga krautrock e Soft Machine, una 'Apropos Of Nothing' dove la musica concreta incontra il davisiano 'On The Corner' e una 'The Slowest Rendition' che evoca addirittura i Roxy Music del primo periodo (di cui Wynn confessa di essere un grande fan)